Pandora - Prima Parte (Urania Jumbo) by Peter F. Hamilton

Pandora - Prima Parte (Urania Jumbo) by Peter F. Hamilton

autore:Peter F. Hamilton [Hamilton, Peter F.]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2024-07-09T12:00:00+00:00


9

La leggenda narrava che l’asteroide fosse un blocco d’oro puro, il cui nucleo era rimasto intatto e ora giaceva sepolto in profondità sotto il castello. Qualunque fosse la sua composizione effettiva, aveva certamente una densità superiore alla media. Quando si era schiantato sul continente meridionale di Lothian, un paio di secoli prima dell’arrivo degli umani, aveva scavato un cratere perfettamente circolare del diametro di tre chilometri. Il bordo era alto più di centoventi metri, con una parete interna piuttosto ripida; mentre il picco centrale si innalzava fino a quasi quattrocento metri. A quei tempi, il termine “picco” era un’esagerazione: quello al centro era un tumulo conico con i pendii leggermente increspati. Non era sopravvissuto a lungo in quella forma.

I primi coloni, tutti provenienti dalla Scozia, vantavano un nutrito contingente originario di Edimburgo, nostalgico della vecchia città e dinamico nell’approccio al nuovo mondo che sarebbe diventato casa loro. Il loro motto “più grande è, meglio è” aveva trovato uno sbocco aggressivo quando si era trattato di costruire la nuova capitale, Leithpool, utilizzando il cratere come nucleo centrale. Avevano deviato un intero fiume, l’High Forth, che scorreva per undici chilometri lungo l’argine di un acquedotto di nuova costruzione, e lo avevano fatto riversare oltre la parete del bordo del cratere, riempiendo lentamente il lago a forma di anello al suo interno. Avevano deciso di costruirci un castello al centro, naturalmente, ma la forte pendenza della nuova isola non corrispondeva affatto a quella della rupe sporgente che dominava il cuore della vecchia Edimburgo. Una flotta di robot per l’ingegneria civile si era messa all’opera per scavarla mentre le acque si alzavano tutt’intorno. Negli anni successivi, dal tumulo solitario erano stati ricavati tre pinnacoli rocciosi a forma di lama, abbastanza affilati e aspri da potersi benissimo inserire in qualsiasi catena alpina. Sull’apice del picco più alto, raggiungibile tramite una stradina solitaria che si inerpicava a spirale attorno alle pareti di roccia a strapiombo, era stato innestato un castello in stile bavarese.

Sotto il castello, a occupare il resto dell’aspro monte, erano sorti edifici monolitici in granito, separati da ampie strade acciottolate e vicoli tortuosi. Non c’erano né parchi né alberi, perché non c’era terreno su cui potessero crescere degli esseri viventi, solo la nuda roccia esposta dalle lame taglienti dei robot. Con il progredire dei lavori di costruzione, vi si era trasferito l’intero meccanismo sovrafinanziato del governo: dall’imponente edificio del parlamento all’elegante palazzo della corte suprema, dai ministeri pieni di uffici-alveare alla banca planetaria in stile romanico. Con i governanti del nuovo mondo era arrivato anche il solito circo di filiali, ristoranti costosi, hotel, club, società di servizi per gli uffici, teatri, sedi aziendali, sale da concerto, società di lobbying, partnership legali e società di media. Nei cupi edifici ufficiali aveva cominciato a brulicare l’esercito dei rappresentanti eletti con i loro assistenti, ricercatori, stagisti, coniugi, funzionari e ruffiani. Solo i vertici vivevano effettivamente sul Monte del Castello; tutti gli altri facevano i pendolari dalla città cresciuta oltre il bordo. Sobborghi e quartieri si erano estesi



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